giovedì 21 luglio 2011

Al pascolo

Immagine ormai rara anche nell'appennino, l'abbandono dell'agricoltura da queste parti è stata pressochè totale (oserei dire).

mercoledì 20 luglio 2011

VIAGGIO

Nei giorni scorsi mi sono dovuto recare a nord di Torino per lavoro e ho pensato a quante persone interessanti avrei potuto incontrare in quei luoghi o a quanti amici avrei potuto andare a salutare, ma io andavo per lavoro e questo vuol dire capannoni, fabbriche, zone industriali, insomma il peggio visitabile di quei luoghi.
Partenza all'alba, no anzi prima ore 04,00 con sveglia alle 03,30 proprio una levataccia, quà la nebbia era fitta e fino al passo non si vedeva nemmeno la strada, sembrava novembre, traffico inesistente, oltre il valico la pioggerellina e timide stelle tra le nubi, oltre Parma l'albeggiare ma ero così rincoglionito che non l'ho potuto gustare, prima di arrivare a Milano una sosta in autogrill per un caffè, mi guardo attorno, facce stravolte, gente che parla e non capisco cosa dice, riparto il traffico aumenta, scatole di latta corrono veloci con uomini intenti a pensare chissà a che, chi telefona, chi sbadiglia, è proprio vero (penso) partire è un pò morire, così come i soldati che partivano per il fronte che non sapevano se sarebbero tornati l'indomani, ma ormai sono a nord di Torino in una squallida zona industriale dentro a un capannone come tanti, con gente frenetica, si parla, si organizza, ma già devo ripartire altra gente mi aspetta a ovest di Torino, altro posto come tanti, altra gente frenetica, si parla, si parla, si parla, si organizza, la giornata trascorre lenta, vedi gente e parli, fai programmi, devo tornare da quelli di prima, prendo la tangenziale e guardo le montagne, alcune già viste, già camminate, altre ancora sconosciute, mi viene una grande nostalgia, voglia di montagna, mi tornano alla mente ricordi, ma è subito nuovamente lavoro, ultimi contatti, poi finalmente si riparte, si torna a casa, mi rimane solo un pezzo di raccordo autostradale milanese da attraversare con il suo traffico infernale, penso a Dante e credo che questo possa essere benissimo uno dei gironi danteschi dell'inferno, non so chi andarci a collocare, non mi interssa nemmeno, mi basta pensare che attraverso uno dei gironi danteschi.
E' tardo pomeriggio quando mi fermo ad un'altro autogrill, in lontananza gli appennini e mi torna alla mente un racconto del libro Cuore di Edmondo de Amicis dal titolo "dagli Appennini alle Ande", io potrei scrivere "dagli Appennini alle Alpi, andata e ritorno", forse sarebbe noioso o forse no, racconterebbe di gente frenetica, nervosa, incazzata, gente che viaggia, gente che lavora, gente che non ha tempo di fermarsi ad osservare un'anatra che passa nel cielo.
Fortuna riparto e torno a casa, detesto questi viaggi, lunghi, noiosi, scanditi da appuntamenti.
Ho chiuso il cerchio e sono tornato a casa, sono tronato al punto di partenza di questa mattina e già questo mi mette di buonumore.

lunedì 11 luglio 2011

Paure

Ieri sera mi sono attardato a innaffiare l'orto che soffre la calura estiva, zucche e zucchine in sofferenza, ma anche i nuovi trapianti, giusto per dare un pò di sollievo, il sole era già tramontato da un pezzo quando sono andato a cenare, poi mi sono seduto sull'uscio a vedere gli ultimi bagliori del tramonto dietro i monti, la luce cominciava ad essere scarsa e il quarto di luna crescente a stento illuminava il mondo circostante, poi d'improvviso mi è venuto voglia di fare una camminata.
Son partito così com'ero, tanto avrei fatto uno sterrato che conosco molto bene, corre sinuoso sul fianco della montagna, largo abbastanza per far passare i trattori in caso di bisogno, ai piedi scarpe da ginnastica per un passo veloce, niente cellulare, niente bastone, solo con me stesso, la strada scarsamente illuminata passava veloce sotto i miei piedi, conosco ogni curva, ogni tornante, dopo un paio di chilometri mi rendo conto che è buio pesto e la strada si intravede solo dove il ciottolato è chiaro, la luna a stento illumina nei tratti in cui sono fuori dal bosco allo scoperto, penso sia saggio tornare verso casa visto che non ho miente con me nemmeno una torcia.
Mi rendo subito conto che il ritorno è difficoltoso sopratutto nei tratti in cui entri dentro al bosco, fortuna che la strada è abbastanza liscia e non presenta tratti sconnessi, i primi 500 metri riescoa farli agevolmente, ma poi arrivo a una curva su una stretta gola, sento i miei passi e sento i rumori del bosco, sono cosciente che non esistono pericoli, so che qualunque animale incontrerò starà alla larga, e poi io sono uno che affronta la vita a muso duro, non mi fa di certo paura la notte buia, ma sento nel profondo che esiste una paura ancestrale, una paura del buio, una apura dell'ignoto, e penso ai viandanti dei secoli scorsi che percorrevano queste stesse strade che io calco con fare sicuro, vi è un posto appena scavalcato il passo nel nostro versante che si chiama "valle scura" il nome già la dice lunga ed era famoso per gli assalti ai vinadanti che passando in quel luogo ne facevano le spese anche di giorno.
Con questi pensieri percorro quel posto uguale a tanti altri posti del nostro appennino rimasti uguali e immutati nel tempo, i rumori nel bosco a volte si fanno più vicini a volte più lontani, giù nella valle delle macchine in lontananza che passano senza mai passare di quà in mezzo al bosco, sono lontano da tutto e da tutti, solo con me stesso e i miei pensieri.
D'improvviso un correre sordo e delle flebili figure si intravvedono come sfuocate, un  branco di cinghiali che attraversa la strada forse a 15 metri da me, per un'attimo mi sento gelare e penso che sono un'incosciente, ma che ci posso fare sono fatto così, so che non mi può accadere nulla, ma una lontana paura sale dentro me, la vorrei scacciare, ma preferisco sentirla salire, anzi voglio sentirla salire, voglio provare quella folle andrenalina che scatena la paura, sono a poco meno di un chilometro da casa, ora la strada scorre in un tratto scoperto il pietrisco è chiaro e il passo diventa più deciso, mi rimane un'ultimo punto da passare una curva nel bosco che anche di giorno ti fa sentire solo, è una curva in cui la visuale non c'è, si vede solo  dove sei, non si vede ne avanti ne dietro e le piante sembrano volerti toccare con i loro rami bassi, sembra ti vogliano stringere a se.
E' un posto di passaggio, da li transitano un'infinità di animali selvatici, cinghiali, caprioli, lepri, tassi, istrici, mi inoltro in questo posto  e i rumori a destra e sinistra non mancano, non si vede un'accidenti, conosco solo la strada a memoria, sento la paura tornare, è una sensazione bellissima, segno che son vivo, la lascio scorrere, lascio che mi pervada, tanto ancora qualche centinaio di metri e svanirà così come è comparsa, la paura fa parte della vita.
Ora la strada si distende, si fa più piana e so che fatta la prossima curva comincero a vedere le flebili luci arancioni che illuminano il paese, con il comparire il lontananza dell'umanità le paure piano piano scemano, i pensieri cambiano, non mi interessano più i rumori dei selvatici al lato della strada, il passo si fa veloce e penso all'indomani.
La notte trascorre presto e alle sette sono fuori a camminare con il cane, com'è diverso il mondo illuminato dal sole rispetto alla buia notte, alle otto sono già di ritorno, mi faccio un caffè, poi alcuni lavori, due chiacchiere con un vicino, alle dieci sono seduto nella sdraia all'ombra, penso e mi vien voglia di andare a vedere un posto, dico ai famigli che vado a fare un giro, questi mi guardano storto e scrollano la testa, mi fanno presente che c'è un caldo bestia e che se volevo camminare era più sensato partire prima, ma io son fatto così, prendo il bastone, una mezza bottiglia d'acqua, mi allaccio forte gli scarponi, prendo la macchiana per uscire dal paese, non voglio camminare nell'asfalto, parcheggio all'inizio dello sterrato vicino alla casa degli spiriti, non so perchè sia chiamata così, ma ha un'aria un pò tetra, abbandonata ormai da tempo immmemore come tante altre case da queste parti.
Comincio a salire, ho una cartina approssimativa, scarabocchiata su un foglio bianco, così per avere alcune indicazioni in quanto voglio andare in una zona che non ho mai visitato, sono partito da 850 metri sul livello del mare, passo accanto alla fonte dello zoppo, poco sotto c'è una zona chiamata la ghiacciaio, la strada sale ripida, ma il mio è unpasso buono e non si spaventa di certo, ecco sulla sinistra l'ultimo prato, la zona è chiamata il "prato di Matteo", mi perdo a osservare la flora e la fauna, ad una curva in una zona umida ma esposta al sole una miriade di farfalle e mi incazzo perchè non ho portato la macchina fotografica, sono veramente tante e diverse, pazienza, si continua a salire poi finalmente un pò d'ombra sono dei faggi, ci voleva sono frndante di sudore che mi cola da tutte le parti, la sensazione è quella di quando mi faccio la doccia solo che sono vestito.
Continio a salire e arrivo a un bivio, sulla mia cartina scarabocchiata non esiste alcun bivio, ma si sa quà i boscaioli, quando vengono a tagliare creano nuove strade, quale sarà quella giusta?, ne prendo una quella che continua a salire, ma dopo 10 minuti mi rendo conto he non è quella giusta, la zona non la conosco, ma la strada è sbagliata, avrei dovuto andare verso il fianco della montagna, questa invece sale diritta non ha nessuna intenzione di andare verso sinistra, sono troppo stanco per tornare indietro e incuriosito decido di vedere dove porta, continuo a salire, macino i metri velocemente, il caldo è insopportabile quando mi trovo allo scoperto, dopo un bel pò la strada finisce, portava a un bosco tagliato, mi pento di non essere tornato indietro quando era il momento, voglio salire ancora ed entro nella faggeta voglio capire dove sono andato a finire, poi d'improvviso un posto conosciuto, c...o! sono arrivato in cima al crinale sono a 1100 metri, lo conosco bene il crinale e sono completamente fuori zona rispetto a dove volevo andare, decido di scendere andando per la faggeta in direzione della zona che volevo andare a vedere.
E' una discesa a capofitto giu dal crinale appenninico, ma si cammina bene in mezzo ai faggi, il mio passo è sicuro, dentro agli scarponi i piedi rispondono bene alle asperità del terreno.
Ecco ora un'altra scelta sono finito sopra un roccione, lo devo aggirare non si può continuare diritto, passo vicino ad antiche carbonaie, simbolo della vitalità dei quaeti monti nei tempi andati, scendo dentro una valletta, ma mi rendo ben presto conto che non posso continuare, allora prendo una traccia lasciata dagli animali selvatici e la percorro, mi porta su una cresta che divide due piccole valli, scelgo di rimanerci sopra e scendere la cresta, lo facevo più facile, ma non importa, mi devo aiutare con le mani in alcuni punti e a volte sono sulla nuda roccia, continuo a scendere, so che prima o poi ritrovo la strada che avevo perduto.
Finalmente, l'ho trovata, la prendo, ora vado nella direzione giusta, non è molto grande una specie di enorme sentiero, chissa quanti contrabbandieri l'hanno solcata nei secoli scorsi, dopo un pò arrivo alla metà, un guado su un torrente appenninico, questa era la mia metà, sono contento, mi riposo un pò, ascolto l'acqua del torrente è un rumore piacevole, riparto verso casa, dopo un bel pò trovo un bosco tagliato e la strada quasi impraticabile dalle piante abbattute che ostruiscono il mio passo.
Passo e vado oltre, incontro almeno tre bivi e vado a caso, non ho certezza di dove andrò a sbucare, ma continuo ad avanzare, d'improvviso da una piccola radura si alza in volo una poiana disturbata dal mio passaggio, dopo un'altro quarto d'ora sbuco sullo sterrato principale e mi ritrovo a 500 metri da dove avevo parcheggiato la macchiana, non vedo l'ora di arrivarci e salirci sopra, ho una fame tremenda.

mercoledì 6 luglio 2011

Spighe di grano

Tante cose mi frullano in testa, tanti pensieri, in questi giorni oscuri, ma andiamo per ordine, questa è la notte della rete, è giusto ricordarlo stanno per mettere un bavaglio alla rete, togliere la libertà alla rete e siccome io sono contro ogni tipo di censura e a favore della libertà non posso che aderire a tale iniziativa, per maggiori informazioni si può andare qui oppure qui .

Altra cosa che voglio ricordare è VIK (Vittorio Arrigoni), segnalatami da Vera lunga intervista, molto bella a VITTORIO realizzata da Al Jazeera IN ITALIANO a parte una breve introduzione in inglese, assolutamente da vedere, ecco il link http://english.aljazeera.net/programmes/aljazeeraworld/2011/06/201162975140291805.html direi che dopo averla vista è assolutamente da condividere, l'informazione raccontata dall'altra parte, ovvero quello che non ci viene mai raccontato.
Credo serva a capire meglio parole come democrazia e libertà.
La giornata odierna è stata piacevole anche per l'incontro con Sara , femmina giardinicola (come si definisce lei), incontro impostato sul Km 0, scambio di idee a Km 0, scambio di prodotti del monte contro prodotti della valle a Km 0, e inizio di una nuova amicizia non più solo virtuale, segno che non serve andare lontano per trovare persone interessanti.
Dopo queste divagazioni vorrei portare l'argomento del post sull'uomo visto come raccoglitore, nel mio girovagare sull'Appennino un mese fa ho incontrato delle spighe di grano, e nei miei pensieri è tornato Fukuoka Masanobu pioniere dell'agricoltura naturale o del non fare, la cosa strano è dovuta al fatto che il grano sugli 800 metri dove ho visto le spighe sono decine di anni che non viene più coltivato, sono cresciute assieme ad altre erbe spontanee in una zona marginale
prosperavano benissimo, sono rigogliose, ha una prima analisi non presentano ne segni di malattie ne di carenze, insomma incarnato il sogno dell'agricoltura del non fare.
Da questo spunto parto per dire che esistono tante cose in natura allo stato selvatico o in stato di abbandono che nessuno prende in considerazione, ma  possiamo trovare tante piante cariche di frutta che nessuno raccoglie, questo è uno spreco.
Qualcuno dirà: "questo avviene solo dalle tue parti", ma io dico no, avviene ovunque, piante selvatiche o incolte che nessuno cura e nessuno raccoglie, tante sono le aree marginale, anche nelle periferie delle città, bisogna imparare a guardare e approffittare di queste cose che ci vengono gratis.
Certo non ti vengono portate a casa da nessuno, ma questo è il periodo buono per iniziare, frutta da usare fresca oppure per farne marmellate e poi ci vuole un pò di ingegno, le susine sono un frutto più comune di quello che si pensi, si trovano facilmente, bisogna girare creandosi una mappa delle piante in stato di abbandono in modo che al momento giusto si possa andare a cogliere i frutti, questo è un progetto autarchico.
La difficoltà più grande che si incontra è la non conoscenza di erbe e piante, e la dieta odierna fatta ormai di pochi per non dire pochissimi alimenti, questo ci ha portato in uno stato di difficoltà nel riconoscere le specie commestibili.
Anche un comune parco cittadino ci può fornire qualcosa di utile, troviamo facilmente il tiglio e possiamo raccogliere i suoi fiori per fare delle ottime tisane per l'inverno, anche questo è un modo per avvicinarsi al Km zero, dobbiamo solo tornare alle origini, l'uomo prima di cacciatore fù raccoglitore.
Dobbiamo trovare canali nuovi, spezzare le catene mentali che ci legano a concetti legati a falsi schemi, ormai non riusciamo più a riconoscere la frutta e la verdura di stagione, pomodori tutto l'anno, uva tutto l'anno, si trova tutto continuamente, in questo modo ci hanno rubato le stagioni, bisogna riprendere coscienza e anche andare a raccogliere la frutta abbandonata e incolta è un gesto di rivolta, contro un sistema troppo uguale.
Troppe persone pensano che ci siano solo i funghi da raccolgliere in natura, ma sopratutto pensano che ci siano quasi esclusivamente i porcini buoni da cogliere, gente miope questa che tralascia la biodiversità anche a tavola oltre che in natura.