lunedì 6 settembre 2010

Limiti decadenza e morte di una civiltà (prima parte)

Per capire meglio i limiti della nostra civiltà mi sono guardato indietro, cercando di capire meglio il passato per comprendere il presente e vederne i suoi limiti.
Numerose civiltà si sono succedute nei secoli, hanno toccato l'apice e poi come d'incanto sono sparite, inghiottite dalla storia, quasi a perderne traccia.
Una civiltà assomiglia un pò a un seme che pianto nell'orto, a volte rigoglioso a volte stentato, con una vita che lo porta all'apice per poi scomparire, a volte per sempre a volte diverso perchè la libera impollinazione lo ha mutato.
Partiamo da cose recenti, i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki in Giappone, la stupidita ha cancellato la storia di queste due città, non esiste più un prima una storia, esiste solo quel momento fatidico e tutto quello che è venuto dopo, sopravvissuti, racconti, tutto legato a quel momento, che in una frazione di secondo ha cancellato la storia.
Anni prima ci fù la prima guerra mondiale che durò poco più di tre anni, alla sua fine si contarono circa dieci milioni di morti, frutto dell'idiozia umana, se questa guerra non fosse finita un fatto esterno l'avrebbe fatta terminare ovvero i circa 50 milioni di morti causati dalla febbre spagnola nei sei mesi che seguirono la fine della guerra, in totale 60 milioni di morti che modificarono la storia futura.
Andando a ritroso e senza dilungarsi troppo, alcuni secoli di inquisizione e caccia alle streghe fecero perdere la sapienza popolare sulle erbe, rendendoci più poveri nella conoscenza.
Ma giungiamo al dunque, nell'antichità il sapere fu riunito in un'unico posto ovvero la biblioteca di Alessandria, in essa era stata riunita tutta la conoscenza del mondo antico, tutte le menti più brillanti del tempo la frequentavano era il massimo della cultura e della conoscenza del tempo, poi in un attimo il fuoco e la conoscenza andò perduta, oggi come oggi si fanno dei ritrovamenti di qualche papiro o frammenti di tavole, ma questo è nulla in confronto a quello che andò perduto, è come salvare un libro in mezzo a migliaia e migliaia di volumi.
Un libro non racconta nulla di più di quello che contiene e non sapremo mai cosa era scritto negli altri.
Ora torniamo al presente, il libro di carta stampata sta scomparendo, al suo posto libri virtuali, ma sopratutto internet che altri non è che un'informazione virtuale ovvero senza materia, in questo momento tutta la conoscenza viene riversata in rete, noi non scriviamo più su carta, ma digitiamo su una tastiera, e salviamo su un disco rigido o su una chiavetta, ma a volte su un server remoto che non sappiamo nemmeno dove sitrova, un posto senza luogo.
Ecco tutto questo è il limite che segnerà la decadenza e la morte della nostra civiltà così come la conosciamo.
Nella seconda parte cosa porterà alla scomparsa del nostro sapere.

venerdì 3 settembre 2010

VITA DA STAR

Dopo aver visto i giornali di gossip anch'io come le star voglio portare il mio gatto in borsetta, si lo so non è proprio una borsetta, ma il mio gatto supera i 6 kg. e ho dovuto trovare la borsa giusta!
Com'è dura la vita da star, o meglio com'è pesante stò gatto!

giovedì 2 settembre 2010

PORCINI

Porcini di faggio, raccolti a 1400 mt.
Porcini di castagno raccolti a 800 mt.
Negli untimi 10 giorni anche se preso dal lavoro, ho trovato il tempo nel fine settimana per andare a funghi, quest'anno crescono copiosi, basta entrare nel bosco e si trovano senza darsi troppo da fare, la gente nel bosco è tanta e tutti ne trovano copiosi come non mai.
Alcuni si danno un gran da fare ed escono dal bosco anche con 40 kg. di porcini.
Ecco io non esagererei con i funghi, sono gli spazini del bosco, e poi, siamo tutti di memoria corta, o meglio ricordiamo solo quello che ci fa comodo, ma nel non lontano 1986, era la notte tra il 25 e 26 aprile, quando avvenne l'incidente di Chernobyl, e il follout radioattivo giunse anche in Italia a cavallo tra il 30 aprile e il 1 maggio e per due settimane la pioggia che segui depositò al suolo i radionuclidi, ci fu un gran fermento e ci proibirono di consumare tutto quello che era all'aperto, insalate dell'orto e quant'altro, ci fu un gran parlare anche dei funghi che sarebbero stati radioattivi e non andavano consumati.
La domanda che mi pongo è? se prendiamo a caso, per esempio il Cesio 137 che impiega 30 anni a dimezzarsi, ecco i trent'anni non sono ancora passati e certamente il Cesio non è andato in vacanza (almeno credo), non si è trasferito, non è emigrato, è rimasto dov'era!, ma questi funghi non è che sono ancora un pò radioattivi?, o forse nessuno più controlla, nessuno più ne parla e allora va tutto bene?, anche perchè sarebbe cattiva pubblicità alle centrali nucleari prossime venture in costruzione sul patrio suolo?
A me sinceramente un dubbio rimane, ma i funghi li mangio lo stesso, tanto di qualcosa bisogna pur morire.....

martedì 10 agosto 2010

A mia insaputa

Ultimamente sui giornali si legge di gente che ha acquistato la casa che gli è stata pagata a sua insaputa o che gli è stata affittata a sua insaputa, non che a me interessi poi molto, mi domandavo inoltre, ma cosa continuano a scrivere, anzi tutti vogliono scrivere e poi dicono che nessuno legge più i giornali, ma cosa scrivono se nessuno legge o meglio per chi scrivono se nessuno legge?
Ma il discorso che mi interssa è un'altro:
Se qualcuno a mia insaputa volesse pagarmi viaggio, vitto e alloggio, io avrei una meta, Polinesia francese per un periodo di tre mesi e poi Australia per successivi sei mesi, sono disponibile a partire, posso dare date, voli, località, alberghi e quant'altro, resta il piccolo problema di trovare questo personaggio, non un benefattore e nemmeno uno sponsor, ma uno che a mia insaputa paghi tutte le spese, ..........
Perchè Polinesia e Australia, semplice non ci sono mai stato e sono viaggi troppo costosi, ma con uno che paga a mia insaputa io parto, preparo già le valige che non si sa mai!

lunedì 9 agosto 2010

In questo agosto vacanziero un pensiero va a tutti quei turisti che calcano luoghi di storia, quella della foto è l'antico tracciato della via francigena che certamente ha percorso Sigerico di Canterbury, attorno al 990 recandosi a Roma dal Pontefice. La sua notorietà odierna è legata essenzialmente al ritrovamento del diario di viaggio di ritorno, dove sono annotate le 80 tappe di quella che sarebbe stato chiamato "intinerari di Sigerico e nei secoli successivi via francigena. Il tracciato fotografato è il tratto finale della tappa Pontremoli - Montelungo dove egli si fermo a dormire e mangiare. Dove vuole portare il mio discorso?, semplice, il tracciato è abbandonato e i moderni pellegrini vengono fatti passare per un percorso totalmente diverson e lontano da quello originale.
Si può notare dalla seconda foto che il percorso è asfaltato almeno in questo tratto, peccato che da questa strada non passo mai nessuno. A volte si pensa di calcare la storia e invece la storia è tutta da un'altra parte, peccato perchè il tracciato originale è molto significativo.

mercoledì 7 luglio 2010

Se niente importa

Ho appena terminato di leggere il libro "Se niente importa. Perchè mangiamo gli animali?", devo dire che mi ha fatto riflettere su nuove considerazioni, non tanto sul fatto che io voglia diventare vegetariano, anch'io come l'autore e forse più di lui sono stato in bilico tra onnivoro e vegetariano, ma poi ho divagato con crudismo, macrobiotica ecc., ma il punto non è questo, anche se lo consiglio come libro da leggere seppur su una realtà lontana, quella americana.
Ma veniamo al dunque, mi ha fatto riflettere su quanto distratti siamo quando mangiamo, quanti preconcetti abbiamo e quante illusioni e mistificazioni abbiamo quando ci relazioniamo con il cibo.
Lasciamo per un momento perdere gli animali e gli allevamenti intensivi con tutto il loro stress e la loro sofferenza, guardiamo oltre e ragioniamo per un attimo sulle verdure, siamo fautori dei km zero e se possibile del biologico o in alternativa del naturale, ma davvero le verdure e la frutta che acquistiamo provengono da quei posti così incantati come li racconta la pubblicità o come li abbiamo immaginati da bambini?, davvero il km zero è sempre più sostenibile di quello che arriva da più lontano?, o piuttosto l'agricoltura contemporanea (attenzione non moderna che nulla vuol dire, ma contemporanea) nel 99% dei casi non è tutta lanciata come il mondo contemporaneo verso il profitto, perciò bisogna produrre con i minimi costi nel minor tempo possibile, adattando i vegetali alle esigenze delle macchine, non vi è in tutto questo una perdita di immagine del contadino?
La valle delle verdurine è solo nella fantasia, colture intensive siano mais o carote o insalata restano sempre e comunque colture intensive che hanno bisogno di trattamenti preventivi siano esse biologiche o chimiche per il semplice fatto che sono grandi estensioni hanno bisogno di trattamenti preventivi perchè sono più vulnerabili alle malattie.
Questo mi porta a vedere quanta distrazione abbiamo a tavola e quanta mistificazione creiamo nella nostra mente per non pensare a quello che stiamo realmente mangiando, pensiamo che le verdure che comperiamo siano come le verdure che raccoglieva il nonno 50 anni fa, che le uova siano come quelle che raccoglieva il nonno nel pollaio 50 anni fa e stendiamo un velo pietoso sugli alimenti e sui preparati dell'industria, se potessimo avere coscienza con quali ingredienti e come sono stati trasformati anche un semplice budino, una bibita o una merendina, forse non avremo più il coraggio di mangiare molte cose e la conoscenza (che si dice renda liberi) ci porterà ad essere consumatori coscienti (forse).

martedì 22 giugno 2010

Api, miele e altri discorsi

Da un pò non scrivo delle api, amo stare ad osservare cosa si scrive (e amo guardare le mie rose) e cosa si dice in giro, guardo l’entusiasmo dei principianti, leggo i loro commenti e le loro domande, ma .............., come al solito io sono uno che viaggia da solo, che ama andare controcorrente .............., non mi stancherò mai di dire e ripetere che il miele le api lo producono per se, ed è il loro alimento principale, ma andiamo per ordine.
Come ho già scritto, ma lo ribadisco io vivo in Lunigiana, una zona molto bella che ha il pregio di avere l’unico miele DOP d’Italia, o meglio ha due mieli tutelati da questo marchio, il miele d’acacia e quello di castagno, ma visto quello che scrivevo sopra circa il miele, verrà da chiedersi come mai sposto il discorso su una specie di nonsenso .........., è presto detto, tutte le medaglie hanno un rovescio e a volte peggiore del lato visibile.
Avere il riconoscimento di miele DOP è sicuramente un valore aggiunto, ma questo ha comportato dei risvolti negativi circa l’apicoltura il Lunigiana, una ricerca forsennata di produzione, uno spremere le api per avere maggior miele da vendere e un incremento di nomadisti che spostano i loro apiari in questa zona per poter avere anche loro del miele DOP con un valore aggiunto (in denaro) da vendere, tutto questo ha portato come conseguenza negativa un aumento delle morie di api, imputabili a più fattori, uno probabilmente dovuto all’alimentazione, si tende a togliere più miele possibile e poi si da come alimento del candito o cose simili, questo non può far altro che rendere più vulnerabili e indebolire gli alveari, in quanto si somministra un’alimentazione non consona all’ape esponendola alla possibilità di contrarre più facilmente malattie e virus vari, creando situazioni con inverni difficili da superare per l’alveare.
Altra conseguenza negativa che si è venuta a creare è l’aumento del nomadismo, che ha portato ingenti quantitativi di alveari nella zona creando situazioni di maggiore possibilità concreta e reale circa la trasmissione di malattie, il nomadismo sotto un certo aspetto è un’apicoltura di rapina che crea benifici solo all’apicoltore nomade e lascia all’apicoltore stanziale gli eventuali problemi legati alle malattie che si porta appresso l’apicoltura nomade.
Un’ultimo aspetto che ha degenerato la situazione è stato anche l’incremento di alveari da parte degli apicoltori stanziali, i quali hanno forse o sicuramente guardato di più all’aspetto commerciale legato al miele e al suo potenziale di vendita che non agli alveari e alle api, creando situazioni con casette vecchie o fatiscenti, creando possibili focolai di malattie.
Tutte queste cose messe assieme hanno fatto si che apicoltori presenti nella zona si sono ritrovati alla fine dell’inverno appena passato (in alcuni casi) con una mortalità di alveari pari all’70%, 80% e alcuni anche al 90% e oltre, questo vuol dire distruggere l’apicoltura e non serve andare a guardare cosa succede in America pittosto che in Australia o Canada, è inutile andare a vedere le nuove malattie come quella del disorientamento che porta alla scomparsa degli alveari ............., con una condotta sciagurata, anche in una zona DOP si riesce a fare danni a non finire, se non si presta attenzione all’alimentazione (ovvero miele e non zucchero), alle malattie (in primis la varroa), allo stato della casetta (che non deve essere fatiscente) e non ultimo il benessere dell’ape, posizionandola in una zona non inquinata, possibilmente con poco o scarso traffico e lontano da ripetirori vari e a debita distanza dai cavi di alta tensione.
Solo rispettando queste elementari norme potremo pensare poi a un miele DOP.
Chi è causa del proprio danno è inutile che rivolga lo sguardo altrove.
E ora veniamo a me, i miei tre alveari si trovano due con melario e uno senza, se li avessi spinti durante la primavera avrei potuto essere su due melari in due casette mentre rimarrebbe incerta la terza in quanto ho una regina giovane nata in primavera ma che è stata a lungo dentro l’alveare senza fare il volo nuziale (forse per due settimane) a causa del tempo brutto e freddo che ha incontrato alla sua nascita, questo ha ritardato la deposizione (se avessi acquistato una regina l’alveare sarebbe uguale agli altri due).
L’alimentazione che ho usato in primavera a causa del brutto tempo è stato del miele che avevano prodotto lo scorso anno, miele rigorosamente delle mie api, proprio per eliminare la possibilità di importare malattie usando miele di altri, questo ha quasi azzerato la produzione dello scorso anno.
Potrei portare le api in basso durante l’inverno e aproffitare delle prime fioriture primaverili e poi dell’acacia per far progredire gli alveari, ma per i motivi che ho citato prima sono contrario al nomadismo e continuo a restare stanziale in quest’apicultura di frontiera, in alto, sull’Appennino quasi a sfiorare il cielo, lasciando vivere senza troppo interferire le api, non hanno di certo bisogno che io vada a crearli altri problemi, ne hanno già tanti.
Quest’anno sono senza la top-bar che ho perso durante l’inverno forse a causa dello sciame troppo debole a inizio inverno (anzi sicuramente, gli sciami troppo deboli andrebbero uniti a fine autunno).
Non mi sono dato da fare per cercare un nuovo sciame e ripristinarla, in quanto una casetta aveva dato evidente segno di voler sciamare, io a quel punto non avendo in quei giorni del gran tempo a disposizione la ho divisa a meta 5 telaini da una parte e 5 telaini dall’altra, quella dove c’era la cella reale che stava per schiudersi era l’arnia iniziale dove sono rimaste tutte le bottinatrici, ma a causa di quanto ho spiegato prima l’arnia è rimasta ritardata rispetto alle altre due, mentre quella con la vecchia regina è riuscita a portare il suo alveare a melario.
In questi giorni è brutto tempo, domenica c’erano 10 gradi a mezzogiorno e il più del tempo pioviggina, oppure piove sul serio, ma questo non mi preoccupa, quassù deve ancora iniziare il castagno e poi ci sono tante altre fioriture secondarie e le api in questo momento godono di ottima salute e questo la dice lunga.
Alla prossima volta, sempre ostinatamente controcorrente.........

lunedì 21 giugno 2010

Referendum operaio

Ormai mi sembra chiaro, questa settimana sarà la settimana decisiva per il mondo operaio con il referendum proposto da Fiat agli operai di Pomigliano, si gli operai da qualunque parte votino, da qualunque parte si girino, possono stare tranquilli, sempre nel culo lo prenderanno, questa è una certezza.
Sempre meno potere d'acquisto con il salario, si va diritti verso la povertà, si lavorerà per poter essere poveri.
L'idea di essere cittadini della repubblica stà perdendo forza, si va verso l'idea di essere sudditi di una classe politica incompetente, corrotta e arraffona, il passo successivo la schiavitù non è lontano.
Operaio = schiavo è la via che si aprendo con questo referendum.
Gli operaio è meglio che comincino a spalmarsi di vasellina il culo, visto che lo prenderanno di sicuro in quel posto!!!

mercoledì 16 giugno 2010

Morie di api continuano

Continuano le mori di api in giro per il mondo, non se ne parla molto e la cosa non è ben chiara, ma volevo segnalare un interssante articolo legato alle onde elettromagnetiche nella fattispecie quelle dei telefonini http://www.telegraph.co.uk/earth/wildlife/7778401/Mobile-phones-responsible-for-disappearance-of-honey-bee.html è importante continuare a informarsi, senza api il nostro destino è segnato.
In Italia si parla di nicotinoidi usati per la concia del mais, nel resto del mondo di parassiti, virus, alimentazione povera, in verità forse è una combinazione di più fattori.
Ora come non ultimo si parla di Colony collapse disorder, una specie di disorientamento della colonia che la fa sparire, in realtà siamo ancora ben lontani da capire e trovare una soluzione e non ne sono immuni nemmeno gli alveari a conduzione biologica.

martedì 15 giugno 2010

«a peste, fame et bello libera nos, Domine»

«a peste, fame et bello libera nos, Domine», così pregavano nel medioevo, ovvero”liberaci, Signore, dalla pestilenza, dalla guerra e dalla fame”, ma chi ci libererà dalla globalizzazione e da questo capitalismo terminale che tanti danni sta arrecando. Vedo solo del gran silenzio assordante, nessuna levata di scudi, la più grande catastrofe ecologica mai avvenuta sta passando in sordina tra censure e false tranquillizazioni, come fosse un fatto lontano che non ci tocca.
Bisogna veramente impegnarsi per leggere notizie in merito a questa catastrofe, per scoprire che Goldman Sachs nel primo trimestre del 2010 ha venduto un numero enorme di azioni della BP, non è che questi che stanno sguazzando nella crisi e facendo soldi a palate, sapessero già della catastrofe che sarebbe successa?, poi i tentativi ridicoli di porre rimedio, con la spazzatura e con i solventi per aumentare il già grave danno.
La nostra televisione, la televisione del nulla con quei programmi del nulla (isole varie, fratelli vari, amici vari) e quei discorsi del nulla, un silenzio assordante su questa catastrofe.
E gli USA?, della gran censura anche da quelle parti, difficile poter vedere i danni alle coste e quelle pioggie maledette che si sono riversate sopra coltivazioni di mais tradizionali e biologiche, che hanno arrecato danno? Nessuno ne parla, e che implicazioni avremo sul clima?, lo vedremo quel battito d’ali di una farfalla cosa riserverà all’europa.
Nel frattempo la Libia, concede a BP dopo questo disastro di perforare nel Mediterraneo a grande profondita e tutti gli altri zitti, tanto se poi ci sarà da risarcire, risarciranno solo la Libia come se gli altri paesi che si affacciano sul Mediterraneo fossero lontani e fosse una cosa che non li riguarda.
Credo che se continua così, altro che crisi o crisi alimentare, qua non si riesce più nemmeno a fare l’orto e questo già di per se dovrebbe preoccuparci, ma ancor di più dovrebbe preoccuparci il fatto che non sarà più un pianeta vivibile.
Preghiere non ne ho che mi possano salvare, sono solo incazzato nero con tutto questo silenzio assordante che ci circonda come se la più grande catastrofe ecologica di tutti i tempi fosse una cosa che non ci riguarda, credo sia ora di svegliarsi, altrimenti ci ritroviamo a passare dalla vita alla morte senza essecene accorti a causa d’un battito d’ali d’una farfalla che stava sopra il golfo del Messico.

domenica 13 giugno 2010

TESTIMONI DELLA MEMORIA

Testimoni della memoria e dei ricordi, così voglio iniziare a raccontare, la distanza dal blog a causa della scomparsa di un’amica classe 1931, la conoscevo da 18 anni, racconti d’altri tempi, molto lontani dai giorni nostri, storie di vita quotidiana su nell’alto Appennino, quando ancora l’autostrada non esisteva e i paesi erano abitati, ora sono rimasti solo i ricordi da custodire gelosamente e non più storie da sentir raccontare, ora c'è l'autostrada che ti fa passare veloce quasi a non volerti far immischiare e i paesi agonizzanti senza più abitanti aspettano di finire nell'oblio.

sabato 29 maggio 2010

Incontri inattesi

Ormai era tardo pomeriggio e il sole ripiegava oltre il profilo dei monti quando decisi di andare a fare un giro a vedere un boschetto, le ombre si allungavano sulle brevi radure che oltrepassavo per arrivare sul posto, quando d'improvviso eccolo davanti a me, io ero sottovento e lui non mi aveva sentito arrivare, frugai in tasca estrassi la macchina fotografica, non c'era tempo per pensare per sistemare asa iso e compagnia bella, ero impreparato e la luce era scarsa....
Qualche scatto in automatico e lui già si era accorto di me, come un fulmine entro nel fitto del bosco e lancio il suo verso di allarme che riecheggiò nella valle, lo sentii che si allontanava e poi nuovamente il silenzio e nulla di più, erano rimasti solo i miei pensieri e delle foto un pò sgranate a ricordo dell'incontro (ecco cosa vuol dire essere impreparati), ma va bene così, poi rimangono i sogni e si riprende il cammino....... 27 maggio 2010




domenica 23 maggio 2010

Tagliare la legna

Esiste il detto che la legna scalda due volte, una quando la tagli e una quando la bruci, e posso confermare che è la verità. Ogni anno taglio dai 100 ai 150 quintali di legna, prima si tagliano le piante e si fanno a pezzi trasportabili che vanno radunati in un posto accessibile, poi generalmente uno chiama lo spaccalegna che viene la sega di misura e te la rende a pezzi, ma io continuo imperterrito a fare da me, fino allo scorso anno usando la capretta qua sotto nella foto, è un lavoro abbastanza faticoso che solitamente si fa in due, uno prende i tronchi li appoggia sulla capretta e un'altra persona taglia. Ecco questo non vale per me, che da individualista/anarco/autarchico faccio da solo, ma da quest'anno ho deciso che i lavori da fare sono troppi ed allora sono passato a un sistema industriale.
Se prima potevo tagliare qualche Kg. di legna per volta, ora con il sistema che ho escogitato posso tagliare circa 6 quintali alla volta con notevole risparmio di energia e fatica, e continuando a lavorare allegramente da solo con una resa maggiore rispetto a quella di prima anche se fossimo stati in due. Possiamo vedere nella foto la legna che è stata preparata per il taglio.
Una prima rifilata ai lati per poi passare a un taglio centrale e il lavoro è concluso.
E' stata costruita una struttura in ferro ma si potrebbe benissimo farla in legno, mi permette di lavorare oltre che sul rifilo a dastra e sinistra anche sul davanit e sul dietro in quanto ho costruito una struttura con una lunghezza doppia della lama della motosega.
Ecco qua il lavoro finito, inserisco un paio di misure per chi volesse cimentarsi, abbiamo una larghezza di 40 cm. per una lunghezza di 80 cm. con una barra a metà lunghezza, l'altezza utile per contenere la legna è di 80 cm., abbiamo inoltre quattro piedi che tengono sollevata la struttura da terra di 20 cm.
Bisogna avre l'accortezza di ribassare le due barre che tengono unita la struttura dalla parte del taglio e ricoprirle con un piccolo travetto per evitare che quando si taglia la catena della motosega vada a sbattere contro il ferro.
Il lavoro diventa rapido e con grande resa, non rimane che accatastarla (eventualmente spaccarla) in attesa del prossimo inverno.

lunedì 17 maggio 2010

Tra ottimismo pessimismo e attesa

Finalmente quest'anno la peonia s'è decisa a fiorire, la credevo bianca o meglio mi è stata venduta per bianca e invece è rossa, il colore dell'amore, il colore del sangue, il colore della rivoluzione, insomma un colore di buon auspicio.
Di tutt'altro tenore invece è il pensiero che va ai kiwi, anche quest'anno solo fiori femminili, ma come devo fare con il kiwi maschio provare a dargli un po' di viagra per vedere se qualcosa tira fuori o minacciarlo in qualche altro modo?
A consolazione comunque ci pensano le fragole che sono cariche di fiorie e frutti per ora acerbi, ma basta saper aspettare e il rosso dei frutti trionferà.
Non vorrei aver esagerato con tutto questo ottimismo.........
A chi si chiede che fine hanno fatto i miei orti posso dire che sono in meditazione in attesa di temperature più miti e un pò più d'asciutto, per quanto riguarda le api sono vuote di scorte causa maltempo, anche loro attendono giorni migliori.


domenica 16 maggio 2010

Patate a confronto

Torno a parlare di patate, anche quest'anno qualche novità metterò a confronto quattro varietà, tre classiche: Spunta, Monnalisa e Desiré che noi consideriamo locali, ma in realtà il seme che comperiamo proviene dall'Olanda, per piantare patate italiane dovremo andare sulla Quarantina genovese o su altre piccole nicchie presenti a macchia di leopardo sulla penisola, ma questo è un'altro discorso.
Tornando a noi confronterò le tre varietà sopra citate con una di contrabbando la varietà Estima, dove stà la notizia? semplice arriva dall'Inghilterra paese per antonomasia patataro come la Germania, solo che non esportano la semenza di patate, loro hanno un patrimonio enorme di varietà, nessuna buona par la pianura padana e nemmeno per il sud d'Italia, ma sulla montagna dell'appennino voglio provare.
Nella foto possiamo vedere i germogli a confronto, per piantarle dovrò aspettare che si sistemi il tempo e smuovere un pò la terra, comunque per la cronaca la prima con il germoglio verde e tozzo è la Estima, la seconda con il germoglio rosato è la Monnalisa, la terza più che una patata dobbiamo parlare di minitubero della varietà Spunta con germoglio verdeviolaceo, mentre l'ultima abbiamo una patata gia tagliata pronta per la semina di Desiré con germoglio giallorosato.
Dai germogli si capisce che aspettano di essere messe nella terra e staremo a vedere come si comporteranno e poi valuteremo rese e quant'altro, per ora non rimane che aspettare.

venerdì 14 maggio 2010

L'orto di finzione

Temo, anzi credo che siamo arrivati all’orto di finzione, dico questo in quanto ormai gli orti proposti sul web sono i più disparati, si ha la sensazione di sentirsi a posto con la coscienza e di aver fatto il proprio dovere di bravi ortolani qualsiasi sia il nostro progetto di orto.
L’orto biologico ci fa sentire in pace con noi stessi, sicuri di aver fatto la cosa giusta, chi un pezzo di terra non l’ha può sempre costruirselo sul balcone e anche questo lo fa sentire in pace con se stesso e con il mondo, qualsiasi tipo d’orto ci porta a essere in pace con noi stessi, ci fa sentire appagati.
Un orto tradizionale, un orto verticale, un orto lasagna, un orto biodinamico, un cesso d’orto tutti soddisfano il nostro bisogno più intimo dell’orto di finzione, in cui risulta importante l’azione di realizzare un qualsiasi tipo d’orto per poter affermare il nostro bisogno nascosto, la nostra finzione di essere degli ortolani, basta questo a farci sentire appagati in sintonia con questo mondo che sembra un reality (o forse lo è).
Una volta esisteva l’orto di consumo e quello di produzione, ora ci basta quello di finzione che ci tiene prigionieri legati dentro il sistema, sembra non si riesca a spezzare le catene che ci tengono legate al sistema che tutto ci fornisce, ma io dico: “non possiamo accontentarci di due o tre piedi d’insalata coltivati su un vaso nel balcone, questa non è rivoluzione,ma solo finzione”.
Solo quando capiremo che la terra appartiene a tutti ed è a disposizione di tutti, solo allora inizierà la vera rivoluzione, in alternativa avremo solo la finzione, la finzione di sentirci bene e di credere d'essere felici rinchiusi dentro uno spazio limitato, dentro al sistema.
Ma forse l'occupazione e la coltivazione delle terre è cosa d'altri tempi, quando il mondo era più reale, quando era più palpabile, quando chiacchierare era guardarsi in faccia, ora chiacchierare è restare davanti a un monitor, forse chiacchierare oggi è solo finzione..........

sabato 24 aprile 2010

Primi funghi di stagione

Mentre in questi giorni di fine aprile si fanno gli ultimi tagli nei boschi io non ho trovato di meglio da fare che andare per i prati a gironzolare e far uscire il mio istinto di raccoglitore, quello stregone primordiale nascosto dentro di me che sa raccogliere quello che la natura ci offre e sui prati a 850 metri di altezza guardando bene dove l'erba è più verde e rovistando in mezzo sono riuscito a trovare i primi funghi di stagione un pò in ritardo rispetto allo scorso anno.
Ed ecco quà quello che ho trovato in mezzo all'erba, e allora che fare, pensare a riempire la pancia, che con la pancia piena si ragiona meglio.
Una ricetta semplice, un pò d'olio in padella in cui far rosolare uno spicchi d'aglio, poi cuocere i funghi con un pò di sale, a cottura avvenuta unire la pasta al dente e un pò di prezzemolo tritato, saltare il tutto e poi buon appetito.
Oltre ai funghi possiamo trovare molte altre erbe in questo periodo, il luppolo, l'ortica, i getti dei rovi, i germogli del pungitopo, il crescione d'acqua, di erbe commestibili se ne trovano tante (magari informatevi prima se è vietata la raccolta di alcune specie nelle vostre zone), la natura ci fornisce gratis e senza spesa alcuna un sacco di buona verdura, una specie di orto gratis, solo la fatica di raccogliere.
Buona raccolta a tutti.

lunedì 12 aprile 2010

LA STAGIONE AVANZA

Sembra che ormai la coda dell'inverno se ne stia scivolando via per lasciare posto alla primavera anche sugli appennini, è stato un'inverno lungo e freddo con neve abbondante, ora c'è bisogno di sole e di caldo altrimenti diventa difficile seminare.
La primavera che arriva comunque ci lascia i problemi di sempre e riusciremo a fare il raccolto solo cinghiali permettendo.
Piccoli cinghiali crescono troppo in fretta e prolificano a dismisura e purtroppo girano attorno alle case creando danni alle culture, come unico predatore oltre all'uomo c'è il lupo che è stato visto quest'inverno anche in prossimita delle abitazioni, ma i lupi sono pochi e i cinghiali prolificano a dismisura e si fatica a chiudere il cerchio.
Oltre al lupo si possono incontrare con una facilità estrema i caprioli che hanno raggiounto un numero esagerato, anche loro all'alba e al tramonto arrivano attorno alle case creando problemi con l'orto.
In queste terre marginali dell'appennino è dura la vita dell'orto, troppi concorrenti ha l'ortolano.
Ora che non c'è più neve ci sono i lavori pesanti da fare, bisogna portare fuori dal bosco la legna, segarla, spaccarla e accatastarla, altro che andare in palestra.
Con l'arrivo dei fiori inizia l'attività delle api con piacere ho visto che due alveari hanno passato l'inverno e stanno bottinando polline, questo è un ottimo segno, il terzo alveare invece non ha passato la stagione nei prossimi giorni se il tempo resiste al bello faro una preve ispezione per controllare che tutto vada bene.
Si riparte ma molti interrogativi sono rimasti senza una adeguata risposta e molti nuovi si sono aggiunti e cercherò di trovargli una risposta per il momento al lavoro.

venerdì 12 marzo 2010

TEMPO INCERTO E DISCORSI DI VECCHI

Torno dopo un periodo di distacco forzato dalla rete, di cose ne avrei molte da dire e da raccontare ma voglio soffermarmi sul discorso fra i più banali che facciamo ogni giorno, il tempo.
Sovente sento dire: un’inverno così bla bla bla, e via discorrendo, in rete si parla sovente del progetto H.A.A.R.P. che dovrebbe concludersi nel 2025 per il controllo climatico oppure dense discussioni sul riscaldamento terrestre che come fine ultimo porterebbe a un raffreddamento del clima terrestre. Se accendiamo la TV di terrorismo mediatico e falsa informazione ne sentiamo a bizzeffe, sembra che la situazione sia catastrofica e si stia precipitando nell’era più calda del pianeta per poi dopo poche settimane se non giorni cambiare versione e dire che si va verso una glaciazione. A questo punto credo che bisogna cominciare a ragionare con la propria testa per cercare di capire cosa sta accadendo, dopo le copiose nevicate dei giorni scorsi ieri 11 marzo il tempo sembrava volgere a un miglioramento, ma già stamane aprendo la finestra una nuova nevicata è in atto, boh, non posso credere che il progetto H.A.A.R.P. sia così interessato alla mia zona, sicuramente esperimenti sul clima si stanno facendo magari anche su vasta scala ma io rimango dell’idea che le condizioni meteo di questo periodo non sono così strane, e qua entrano in ballo i discorsi dei vecchi, gente che di età anagrafica fanno 90 o giù di la.
Mi raccontano che una volta le nevicate erano a volte anche più virulente di quelle dell’anno in corso, che a volte certi anni per uscire di casa bisognava aprire la finestra da quanta neve c’era, raccontano che per andare dalla casa alla stalla a volte venivano scavate dalle vere e proprie gallerie, ma raccontano anche di anni in cui la neve non si è vista oppure di inverni in cui a continuato a piovere ininterrottamente per giorni e le frane non si contavano più, ma quelli sono altri tempi, tempi in cui non esisteva la protezione civile, tempi in cui bisognava rimboccarsi le maniche, tanto nessun politico parolaio sarebbe venuto e nemmeno sarebbero venute le televisioni a fare domande inutili e insulse, del tipo come ci si sente ad aver perso la casa o cazzate simili.
Diceva un proverbio: “il tempo è rimasto da sposare per fare quello che vuole”, e mi sa che è proprio vero, dovremo forse solo saper guardare con più attenzione alle piante in generale, quest’anno le piante del mio giardino si trovano nella situazione in cui lo scorso anno erano alla fine di gennaio e loro non sbagliano, perché se sbagliano si gelano e per loro è la fine, ecco le piante sono una specie di grande stagionometro su cui poter guardare quello che ci succede attorno.

venerdì 26 febbraio 2010

SEMI DI POMODORO

Pomodoro, e ancora pomodoro, alla ricerca di nuove varietà e di una totale indipendenza dal mercato, cercando di creare un cerchio chiuso che va dalla semina fino alla produzione dei semi per l’anno successivo.
Attualmente coltivo due varietà il cuore di bue e un ciliegino, di entrambi mi autoproduco i semi e mi sono reso indipendente, però come già ho raccontato mi sono messo alla ricerca di nuove varietà che possano soddisfare maggiormente il mio fabbisogno, in quanto vista l’altitudine del mio orto fatico ad avere una buona produzione con le mie due varietà.
Attualmente con l’avvento di internet è diventato molto più facile cercare in rete quello di abbiamo bisogno (uno degli aspetti positivi di questa globalizzazione, ovvero laccesso alle informazioni globali), ma molte volte si trovano siti consigliati per l’acquisto di semi, ma poi sono scarsi i dettagli di come sono realmente andate le cose, nel mio piccolo voglio raccontare le mie esperienze.
Per i pomodori mi sono rivolto a www.solanacom.com ditta canadese specializzata nei pomodori con a catalogo circa 380 varietà non ibride, questo ci da la possibilità di riprodurci i semi, cosa non possibile con gli ibridi in quanto ti lega alle ditte sementiere a vita rendendoti schiavo del mercato.
Ma torniamo al mio ordine, la cosa più difficile è stata districarsi in mezzo a tutte queste varietà e arrivare a scegliere un numero ridotto di bustine, in quanto c’è il rischi concreto di farsi prendere la mano e ritrovarsi con un numero spropositato di pomodori da piantare.
Una volta scelte, devo dire che ci sono delle buone spiegazioni essenziali e chiare per ogni varietà con tanto di foto esplicativa e inoltre sono segnalate chiaramente anche le sementi esaurite già al momento dell’ordine, pertanto quello che andremo a ordinare sarà quello che arriva, su questo mi sono sembrati molto precisi.
Come metodo di pagamento ho scelto di pagare attraverso Paypal, sistema semplice ed economico che ti mette al riparo anche da molti inconvenienti, ma accettano anche molti altri tipi di pagamento.
Hanno spedito per posta aerea con busta di quelle con le bolle per proteggere il contenuto e dopo 15 giorni ho ricevuto i semi in maniera ordinata su bustine con etichetta con istruzioni in francese.
Direi che è stato tutto facile, l’unica cosa che dovete eventualmente controllare, ma loro vi avvisano già nel sito al momento dell’ordine se le poste al vostro paese funzionano.
Prima di descrivere le varietà acquistate vorrei dare alcune indicazioni di massima sui semi di pomodoro che a volte sono sconosciute ai molti, in primis la durata delle sementi, ovvero il periodo che conservandole in modo adeguato avremo ancora la germinazione degli stessi che va da 4 a 13 anni quindi una volta autoprodotti i nostri semi non dobbiamo preoccuparci di riprodurli anche l’anno successivo e questo ci riduce di molto il lavoro, vi è comunque una prova empirica che ci dirà quando bisogna riprodurre i semi perché quelli che stiamo conservando non danno più affidabilità e conviene rinnovarli.
Il metodo è semplice, si prendono 10 semi e si pongono su carta assorbente umida, si prende il tutto e si sigilla in un sacchetto di plastica, poi lo si pone in un luogo caldo e si tiene controllato, quando vedremo che compare il verde della germinazione si vanno a contare i semi germogliati, se ci sono 7 o più semi germinati il tasso di germinazione è molto buono.
Se ci sono meno di 5 – 6 semi hanno persoun po’ di forza di germinazione e bisogna pensare a rinnovarli per il prossimo anno.
Se invece sono meno di 4 non c’è più tempo da perdere in quanto ci daranno una scarsa affidabilità di germinazione.
Torniamo alle informazioni, profondita di semina 6 mm., tempo di germinazione a temperatura ideale 5-8 giorni, semi per grammo 300-400, periodo di semina all’interno marzo – aprile, cerchiamo di non anticipare troppo le semine in quanto rischieremo di avere delle piantine deboli e andremo incontro a problemi durante la coltivazione.
Consociazioni positive con asparagi, basilico, carota, cipolla, prezzemolo, piselli, salvia, consociazioni negative con finocchi, patate e cavolo.
Ricordiamo sempre comunque che l’orto per me è un hobby e non cerco rendimento, quindi sono aperto a sperimentazioni che a volte non portano al risultato sperato, comunque sbagliando si impara dice il proverbio, io invece dico sperimentando si impara.
Tornando alle varietà scelte sono 10 aggiungo anche le indicazioni riportate dalla ditta per avere una maggiore precisione:Arbuznyi Il pomodoro mostra un modello unico di linee simili a quelle di cocomeri, da cui il nome Arbuznyi (anguria in russo). Bello rosso scuro-marrone frutti con le spalle verdi. Medio grande, tipo bistecca, appiattiti e leggermente a costine. Deliziosi, carne tenera. Sapore dolce e aromatico. Produttiva. 65-75 giorni. Impianti di dimensioni medie (1 m). Rare varietà russa. Canabec Rouge Quebec varietà di medie dimensioni con frutti rossi (5-6 cm). Frutti di forma ovale, liscio, bello e di qualità piacevole, non mostra cracking. Buono, dolce sapore aromatico. Ben si adatta alle stagioni brevi e / o temperature fresche. 65-70 giorni.
Cosmonauta Volkov (Cosmonaut Volkov)Una varietà sottovalutata, produttivo e gustoso rispetto a molti altri pomodori rossi! Sapore Old Time con un bordo tagliente. Adattato alle condizioni di freddo. Dall'Ucraina, dal nome del loro cosmonauta. 65-75 giorni. Coustralee (Cuostralee)I pomodori di questo cimelio, colosso francese può pesare fino a 1,5 kg, di grande degustazione! Rinomato vecchio sapore di altri tempi. Da grandi a molto grandi, leggermente schiacciati luminosi frutti rossi. Dalla Francia. 75-80 giorni.Glacier
Determinato. Extra, tipo precoce da insalata, dimensioni (5 cm) su una pianta piccola di (1 m). Produce bene in climi freddi. Buona per piccoli giardini. 55 giorni. Altai Gregori
Molto grandi, tipo bistecca appiattita dai monti Altai, in Siberia. Matura abbastanza presto considerate le dimensioni dei suoi frutti: 70-75 giorni. Ben si adatta al freddo. Manitoba
Pomodoro extra adatto a zone fredde. Per le altitudini elevate, latitudini settentrionali, o se volete semplicemente i pomodori all'inizio della stagione. Rosso brillante, leggermente appiattito, di medie dimensioni. Piante compatte. Allevati in Manitoba, Canada. Determinato. 58 giorni.Siberia
Varietà tollerante il freddo dalla Siberia imposta i frutti anche durante le basse temperature. Piccole e medie dimensioni con frutti rossi dal sapore dolce. Produttiva. Ben si adatta a brevi stagioni. Inizio: 64 giorni. Siletz
Ceppo a bassa temperatura, che fisserà i frutti anche in caso di maltempo, clima costiero, è il genere da serre d'inverno. Questo pomodoro è un partenocarpici, il che significa che non ha bisogno di impollinatori o del vento per impostare i frutti. Grossi pomodori rossi di grande sapore. Buone rese. Grandi impianti. 70-75 giorni. Truffaut PrécocePresto, con piccoli frutti rossi da 3 a 3,7 cm di lunghezza crescente in cluster da 4 a 11. Rotondo a forma ovale. Piacevole, sapore dolce. La pelle tende a inspessirsi durante la stagione calda. Molto presto: 45-50 giorni. I primi pomodori sono pronti entro la metà di luglio. Raro.
E’ vero molte sono le varietà russe e forse l’alto appennino non è la Russia ma comunque sono sempre situazioni difficili staremo a vedere e vi terrò informati sull’andamento dei risultati.Non venite comunque a raccontare nei commenti che questa è globalizzazione che andiamo a rompere ecosistemi, a contaminare varietà preesistenti, il pomodoro in Europa ha una storia breve circa 500 anni che sono un’inezia nella storia del mondo, non possiamo paragonare la storia del mondo con l’età media di un’uomo che in confronto è un’inezia, altrimenti si finirà per raccontare fra 50 anni delle vecchie varietà di Kiwi e apriremo un dibattito infinito.

domenica 14 febbraio 2010

ORTO, UN PASSO INDIETRO, DUE IN AVANTI

Come nel gioco dell’oca, anche nell’orto bisogna secondo me fare un passo indietro per riuscire a farne due avanti, ma andiamo per ordine, questo è stato un periodo lontano dal web, lontano dal pensare a cosa scrivere (non che il materiale o i pensieri mancassero) ma soprattutto lontano dal leggere i vari blog, una specie di disintossicazione, un momento per pensare, per pensare e basta.
Il mio pensare è andato oltre il solito modo di vedere le cose, ovvero il tipo di orto da fare, mi sono soffermato sul concetto di indipendenza che ritengo di maggiore importanza anche rispetto a tutti quei discorsi che riguardano l’autosufficenza.
Quasi mai si sente parlare di indipendenza nell’orto e quando se ne parla è fatto con molta retorica (tipo bisogna auto prodursi i semi, conservare le vecchie specie), l’indipendenza è di per se una rivoluzione e io voglio creare le basi per questa rivoluzione nel mio orto ed è da qua che nasce “un passo indietro”.
Un passo indietro alla ricerca si di vecchie varietà ma anche di quel qualcos’altro che faccia partire questa rivoluzione, cerco di spiegarmi meglio andando sul concreto sul pratico, il mio orto o meglio i miei differenti tipi di orti si trovano a 780 metri sul livello del mare sull’appennino tosco emiliano quindi con caratteristiche molto particolari a rigor di cronaca devo segnalare che le colture su quella fascia d’altitudine non sono abitualmente molte e che una parte di esse stentano ad arrivare a maturazione (il punto è proprio questo pochi tipi di verdura e forse non appropriati per questa fascia climatica), per chi conosce la geografia cosa poco nota agli studenti moderni, l’Italia è piena di zone, aree con differenti caratteristiche che vanno dalla piovosità alla temperatura, ma anche a venti più o meno forti, sole più o meno forte, estati più o meno lunghe, escursioni termiche diverse, tutte queste caratteristiche creano un territorio molto vario che non può uniformare solo alcune varietà che soddisfino tutte le zone.
Io abitualmente alcuni semi li auto produco per il resto compero al consorzio agrario oppure da Ingegnoli che ha dei validi prodotti, ma tutto questo ha cominciato ad andarmi stretto, in quanto io non uso nessuna verdura ibrida (F1 per intenderci) questo mi penalizza molto, ad esempio nel caso dei pomodori sul catalogo Ingegnoli per fare un esempio concreto 19 sono ibridi e solo 17 sono non ibridi (ne esistono anche due BIO ma della stessa varietà già presente nelle 17), sono tutte varietà interessanti per la coltivazione al sud oppure nella pianura padana dove le estati sono lunghe e calde, ma dove si trova il mio orto le condizioni sono di estati più brevi e meno calde e questo porta a una scarsa produzione di pomodori, a questo punto qualcuno potrebbe obiettare dicendo che quel posto non è votato a tale produzione e perciò mi devo rassegnare ad avere scarsa produzione e di mediocre qualità, ma io non ci sto, ed è qua che scatta la mia rivoluzione, voglio anch’io una produzione interessante di pomodori, all’aperto e senza l’uso di serre.
Un passo indietro serve a cercare pomodori (ma anche altre verdure) con le caratteristiche richieste di estati brevi, meno calde che al sud o in pianura padana e con un’escursione termica maggiore e con caratteristiche organolettiche di tutto rispetto, da qua è partita la ricerca sui vari cataloghi che riesco a trovare sul web, nel caso dei pomodori mi sono rivolto a una ditta canadese con 380 varietà a listino (scriverò un post in merito) dove ho trovato delle varietà con le caratteristiche richieste. Tutto questo serve per uscire dall’omologazione, non per ricercare la globalizzazione, per cercare una propria identità d’orto una propria via, una propria strada, un proprio progetto fuori da tutte le logiche, per spezzare le catene che ci tengono legate a progetti standard.
Dopo il passo indietro sicuramente potremo parlare di due passi avanti con l’auto produzione dei semi, ma a questo punto avremo varietà adatte al nostro micro clima che si adattano perfettamente al nostro orto, con le caratteristiche che cercavamo sia a livello di coltivazione che organolettiche (avremo le nostre verdure ideali) e non ci servirà altro che conservarne la specie con l’auto produzione delle nostre sementi, a questo punto avremo fatto una rivoluzione che porta il nome di indipendenza e solo a questo punto potremo parlare se vogliamo di auto sufficienza solo dopo aver selezionato tutte le nostre verdure e chiuso il cerchio riuscendo a produrre i nostri semi, a questo punto siamo pronti a lanciare il dado nuovamente come nel gioco dell’oca.

martedì 26 gennaio 2010

GIORNI DELLA MERLA

Siamo arrivati ai giorni della merla, tra schiarite e annuvolamenti, come vuole la tradizione popolare questi sono i giorni più freddi dell'anno, mi sa che non si è sbagliato nemmeno quest'anno, qua siamo a 6 km dall'orto e sembra di essere in siberia.

mercoledì 20 gennaio 2010

1930

Esattamente il 28 luglio 1930 un giornalista del “Il telegrafo” partiva dalla Spezia alla scoperta della Lunigiana e ne faceva un resoconto di questo viaggio che usciva a puntate sul menzionato giornale, perché scrivo tutto questo? Diciamo una seconda puntata del post su “PAESI CHE MUOIONO, PAESI CHE VANNO SCOMPARENDO, PAESI MORTI”.
Ottanta anni sono la lunghezza di una vita, ma molti accadimenti sono successi in questo lasso di tempo, nel 1930 per raggiungere la maggior parte dei paesi che ora si raggiungono comodamente in macchina l’unico mezzo era il “pedibus calcantibus” causa la carenza di strade rotabili, questo faceva della Lunigiana un posto misterioso, oscuro, ma andiamo per ordine, cominciamo a dare un nome a quel paese che abbiamo visto nel post precedente, non facciamo cadere nell’oblio anche il nome Vallingasca quota 827 metri a ridosso del crinale appenninico dove lo spartiacque divide la provincia di Massa da quella di Parma, l’oggi lo conosciamo attraverso le foto che parlano da sole, ma nel 1930 che raccontò il nostro temerario giornalista?
“Dal valico della Cisa e presso Villa Eugenia, si stacca una vecchia mulattiera, ora ombreggiata da castagni, ora soleggiata, sempre deserta di case e scendente a rompicollo fino a Vallingasca o Villingastra, oppure Val di Castro, piccolo e povero casale, dove il viandante può trovare agreste cortesia, acqua eccellente ed un par di mele. Ai piedi del colle di Villingastra, scorre il canale di Pièrla che va diretto nel torrente Civasola, il quale sempre accompagna la mulattiera. Nel canale di Pièrla, fra i massi calcarei biancastri portati dall’impeto dell’acqua, or qua or là, si vedono spuntare tronchi giganteschi d’abeti dal quale trae nome il canale di Pièrla, in ponttremolese piella od abete. Ma di quest’albero non vi è più traccia alcuna di vita, tutti gli alberi sono morti e sotterrati da una gigantesca frana scesa a valle da monte Groppo del Vescovo, che si mostra nudo e lacerato dalla vetta al piede.”
Sicuramente a questa fonte trovò acqua eccellente, ma com'è cambiato il racconto, il paesaggio, non ci sono più le persone in questo posto e il viandante non trovapiù la cortesia agreste, ma solo la frsca acqua della fonte, sarà anche arrivata la strada che solitamente porta il progresso, ma qua ha portato solo l'oblio.

martedì 12 gennaio 2010

PROGETTO POMODORO

Non ho mai parlato molto di pomodori, non che non ami coltivarli, ma il mio è un orto di frontiera difficile con i suoi 760 metri non è certo votato alla coltivazione del pomodoro, anche se vi coltivo il cuore di bue e un ciliegino, mi auto produco le sementi, ma le stagioni sono corte e difficili a queste quote per il pomodoro, arrivano tardi e finiscono troppo presto, vorrei averli prima e che finissero tardi come in pianura.
Nel mio progetto di orto di frontiera o meglio orto difficile voglio far entrare in maniera più significativa la coltivazione del pomodoro, premetto che non uso ibridi (considero che ci rendano schiavi delle aziende produttrici di semi) che cerco di coltivare sempre prodotti originari del posto, ma ora voglio fare un’eccezione partendo dal fatto che il pomodoro ha una vita relativamente breve sul nostro continente, alcuni secoli, dopo che è arrivato al seguito di Colombo dall’America, alcune zone sono sicuramente più indicate alla sua produzione, ma a me piacciono le cose difficili, le sfide, quando mi capita di comprare delle piantine al consorzio o al mercato, arrivano o dalla versiglia o dal pistoiese mentre se vado sul versante emiliano arrivano dai vivai del triangolo Parma/Reggio/Piacenza, una cosa accomuna tutti questi luoghi, sono più avanti come clima del mio orto, ma soprattutto sono a quote molto basse, con meno rischi di gelate tardive e via discorrendo, pertanto tutte le varietà che posso trovare sono ideali per la pianura e mi penalizzano molto nella coltivazione montana del mio orto. Per ovviare a questo inconveniente mi sono messo a sfogliare cataloghi su cataloghi alla ricerca di qualcosa che possa soddisfare le mie esigenze, purtroppo la stragrande maggioranza delle sementi in circolazione sono ibridi, te le consigliano perché sono altamente resistenti alle malattie e molto produttive, ma a me tutto questo non interessa e questo restringe di molto la gamma su cui andare a cercare, poi ho deciso di fare un passo in avanti è penso che mi orienterò verso una ditta canadese ben fornita in materia (la si può vedere al sito http://solanaseeds.netfirms.com/) con molte vecchie varietà, un vero patrimonio di circa 280 pomodori, niente ibridi, sicuramente dentro c’è quello che cerco, alla faccia dei km. zero. Per ora scelgo mi rifaccio gli occhi, e ulteriori aggiornamenti al prossimo post.

giovedì 7 gennaio 2010

PASESI CHE MUOIONO, PAESI CHE VANNO SCOMPARENDO, PAESI MORTI.


Archiviato il 2009 si riparte non voglio annoiarvi con i soliti discorsi sul tempo, si sa è freddo ma è la sua stagione, non voglio parlare di orto dell’ultima cassettina di patate raccolte il 30 dicembre, nemmeno di api o erbe, ci sarà tempo e modo di parlarne a lungo quest’anno, ma voglio iniziare un nuovo racconto sui paesi della Lunigiana che vanno scomparendo o che sono in alcuni casi scomparsi.

Particolare di finestre dalle contrastanti architetture, tetti di piagne come non si trovano più, questo ha attirato la mia attenzione.

Inizio con un paesino molto carino che si trova appena fatto il valico dalla Cisa scendendo verso Pontremoli alla prima strada a sinistra si svolta verso Gravagna e scendendo a quaota 800 metri si trova un gruppo di case una volta erano una trentina ora ne sono rimaste poco più di 20, tutte disabitate, forse tre ancora frequentate d’estate. Sembra un paese senza nome il fantasma di un paese che fu, eppure si trovano delle cose interessanti a livello di architettura (ante-restauro), perché dove è avvenuto il recupero si può assistere a degli scempi tremendi.

Strane forme a riempire gli spazi.




Qua sembra una piccola costruzione, ma avvicinandosi si scopre che sotto esistono due piani e quello fotografato il terzo e ultimo è al piano terra, scic non serve l'ascensore per arrivarci (comodo).




Splendido arco, rimaneggiato nel tempo e ormai preda delle sterpaglie....

Bagno di ringhiera, che comodità....

La giornata era di quelle cupe quando ho fotografato la luce pessima, ma i particolari sono comunque eloquenti, mi riprometto di ritornarci con una bella giornata di sole per godere appieno di luci e ombre e scattare qualche altra foto.











Un posto pieno di fascino e di mistero. I particolari si sprecano, manca solo la giusta luce per fotografare, quello che un tempo fu un popoloso villagio di frontiera e di storie ne avrebbe da raccontare.

Un'ultima istantanea, su questo paese, morto ormai per sempre......